martedì 18 novembre 2025

Come sopravvivere all'inevitabile crisi dell'età che avanza

Il segreto della felicità è nelle piccole cose: come ritrovare senso e direzione dopo i 50 anni

senso della vita



Arrivati intorno ai cinquant’anni – talvolta prima, talvolta dopo – quasi tutti attraversano una fase critica della propria esistenza. È un momento in cui il tempo smette di essere un concetto astratto e diventa una realtà fisica, palpabile. Si fa un bilancio: ciò che abbiamo costruito, ciò che abbiamo perduto, ciò che forse non abbiamo avuto il coraggio di tentare. È un passaggio delicato, spesso doloroso, ma anche straordinariamente fertile.

La psicologia contemporanea definisce questo processo come midlife transition, un naturale riassestamento emotivo che non coincide affatto con la vecchia idea catastrofica di “crisi di mezza età”. Studi recenti della Harvard Medical School (https://www.health.harvard.edu/mind-and-mood) mostrano come questa fase non sia affatto una frattura, ma un riequilibrio identitario: chi siamo oggi rispetto a ciò che eravamo, e – soprattutto – chi vogliamo essere nel tempo che resta.


Il corpo parla: accettare i segni del tempo

I segnali fisici sono inequivocabili: dolori imprevisti, qualche ruga in più, i primi capelli bianchi. Il corpo smette di essere il compagno silenzioso e invincibile della giovinezza e comincia a ricordarci quotidianamente la nostra fragilità.

Ed è qui che molti reagiscono in maniera impulsiva: palestra compulsiva, abbigliamento giovanilistico, estetica aggressiva, tatuaggi improvvisi, relazioni clandestine. Sono tentativi comprensibili di fermare l’inesorabile avanzare del tempo.

Ma come ricordano i ricercatori del National Institute on Aging (https://www.nia.nih.gov/health), la vera difficoltà non è invecchiare: è accettare che stiamo cambiando.


La tentazione di rincorrere ciò che eravamo

Una delle trappole più frequenti è quella di imitare i comportamenti dei giovani, come se l’essere ancora desiderabili, forti o “al passo” dipendesse dall’apparenza. Si combatte il tempo anziché dialogare con esso. È un meccanismo universale, tanto radicato da essere stato studiato persino in antropologia: ogni epoca e ogni cultura ha temuto la soglia di metà vita.

Il problema non è voler stare bene: è pensare che la felicità dipenda dal tornare indietro.
La verità è esattamente opposta:
la felicità nasce dal procedere avanti con lucidità, maturità e gentilezza verso se stessi.


Il potere dell’accettazione: l’arte di abitare la propria età

Tutto nella vita è cambiamento. Le nostre opinioni mutano, i nostri pensieri si evolvono, il mondo stesso si trasforma con una velocità impressionante. Non possiamo arrestare il flusso del tempo – possiamo però imparare ad abitarlo.

L’accettazione non è rassegnazione, così come l’adattamento non è passività. La psicologia dell’età adulta – da Carl Jung agli studi più recenti della Stanford University (https://longevity.stanford.edu/) – concorda su un punto: la felicità matura nasce dal riconoscere il valore dell’età che viviamo e dal liberarsi dagli imperativi esterni (moda, pubblicità, confronti sociali).

Accettare significa riconoscere che il nostro corpo cambia, che i desideri evolvono, che le priorità si trasformano, e che ciò non solo è normale, ma necessario.


Vivere nel presente: il vero motore di una vita piena

Il motto “qui e ora” è stato abusato, è vero, ma è anche il fondamento di qualsiasi percorso di benessere.
A 20 anni il presente è espansione, a 50 è radicamento.

Non si tratta di rinunciare al futuro, né di chiudere i conti col passato: si tratta di vivere con pienezza ogni giorno possibile, con la consapevolezza che nulla è scontato.

A ogni età dobbiamo avere una bussola: orientare la direzione della nostra vita, governare le nostre scelte, accogliere le tempeste senza farsi travolgere e gustare le bonacce come doni preziosi.


Il segreto della felicità matura: coltivare se stessi

Con il passare degli anni, è probabile che meno persone dipendano da noi: figli ormai adulti, meno pressioni esterne, una maggiore autonomia. È il momento ideale per praticare ciò che la psicologia chiama self-compassion, o autocompassione, concetto approfondito negli studi di Kristin Neff (https://self-compassion.org/).

Significa trattarsi con la stessa gentilezza che riserviamo alle persone che amiamo.

Dedicarsi del tempo non è un lusso, ma una responsabilità verso se stessi. È così che si ricostruisce una vita piena, ricca, vibrante.


Piccole cose, grande felicità: il valore dei gesti quotidiani

La felicità matura non nasce da grandi cambiamenti, ma da gesti semplici:

  • leggere

  • passeggiare

  • chiacchierare

  • stare nella natura

  • curare i propri hobby

  • respirare, ascoltare, osservare

Sono attività che non chiedono nulla in cambio, se non presenza. Sono l’essenza di un benessere che non dipende dagli altri, ma da noi.


Ritrovare se stessi attraverso le proprie passioni

In questa fase della vita ho riscoperto i miei hobby. Scrivo per questo blog e per gli altri tre che coltivo con cura: quello dedicato alla storia napoleonica, quello dedicato alla storia in generale, e quello dedicato alla crescita personale.
Sono spazi che mi appartengono, che mi permettono di dare forma ai miei pensieri e di condividere ciò che amo.

Faccio lunghe passeggiate, anche se vivo in un luogo dove lo smog e il traffico dominano. Quando posso, mi immergo nella campagna: respiro, medito, mi riconnetto. La meditazione è una delle mie passioni più profonde: mi fermo, osservo i miei pensieri come se fossero nuvole, li vedo correre, sgonfiarsi, svanire. Non li giudico: li accolgo e li lascio andare.

E poi c’è la lettura.
Il mio Kindle è un piccolo universo in tasca. Un giorno seguo le indagini di Nero Wolfe o di Sherlock Holmes, il giorno dopo mi perdo nei grandi avvenimenti della storia, e un altro ancora mi immergo nella psicologia e nelle neuroscienze. Ogni libro è un viaggio, una porta, una possibilità.


Riempire il tempo: l’antidoto al suo passaggio

Il tempo che passa non può essere arrestato, ma può essere riempito.
Non di attività frenetiche, ma di presenza.
Non di obblighi, ma di passioni.
Non di ansia, ma di consapevolezza.

Quando la vita si riempie – di libri, di natura, di scrittura, di pensieri, di curiosità – il tempo non è più un nemico da combattere, ma un compagno da onorare.

E allora accade qualcosa di sorprendente:
la felicità ritorna.
Non come euforia, ma come quiete;
non come conquista, ma come fioritura interiore.


Conclusione

La felicità dopo i 50 anni non è una chimera. Non è un’illusione né un privilegio per pochi. È un cammino fatto di accettazione, presenza, autocompassione e piccole gioie quotidiane. È un viaggio che richiede coraggio, certamente, ma che ripaga con una forma di serenità profonda, adulta, consapevole.

La felicità non è nelle grandi imprese, ma nelle piccole cose:
quelle che ci accompagnano ogni giorno, quelle che ci fanno sentire vivi, quelle che ci ricordano che – a qualsiasi età – possiamo ancora scegliere chi vogliamo essere.






sabato 15 novembre 2025

Ho fatto degli errori, ma qui si ricomincia

Ricominciare non è mai un errore

ricominciare


Ci sono luoghi che accettano il silenzio senza contestarlo. Luoghi che rimangono fermi nel tempo, come se attendessero il ritorno di qualcuno che ha lasciato la porta socchiusa.
Questo blog è stato, per me, esattamente questo: una stanza in cui avevo appoggiato libri, appunti, riflessioni, e poi, quasi senza rendermene conto, avevo smesso di entrarci. La vita aveva preteso altre energie, altri pensieri, altre battaglie. E così, lentamente, il quotidiano aveva sovrastato lo straordinario.

Non c’è nulla di eroico nel tornare.
Eppure, c’è qualcosa di profondamente umano.

Forse per questo ho sentito la necessità di scrivere queste righe: non per giustificarmi, né per celebrare un rientro trionfale, ma per ribadire un principio che nella storia — quella con la “S” maiuscola e quella minuta che ognuno porta nel proprio cuore — si ripete con ostinazione: ricominciare non è mai un errore.


1. Il tempo sospeso e il valore del ritorno

Quando si studia la storia, ci si rende conto che la linearità è una costruzione posticcia, un’illusione che ci serve per mettere ordine nella complessità del mondo. Gli eventi, in realtà, sono frastagliati, intermittenti, segnati da pause più eloquenti dei fatti stessi. Ci sono regni che rifioriscono dopo un apparente declino, generali che risorgono da sconfitte devastanti, intellettuali che producono le loro opere migliori dopo anni di silenzio.

Ed è curioso notare che, mentre la società contemporanea ci impone la continuità, la storia ci insegna la discontinuità.
Ci dice che le interruzioni non sono un fallimento: spesso sono incubatrici.

Penso alla figura di Napoleone all’Elba. Era, in teoria, un uomo finito. Deposto, sorvegliato, apparentemente sconfitto dal corso degli eventi e dalle potenze europee. E invece proprio lì, in quello spazio ristretto e marginale, riscoprì una forza creativa sorprendente: riformò le scuole, modernizzò la sanità, disegnò strade, cambiò l’amministrazione locale. Sembrava che quel microcosmo isolano gli offrisse l’occasione di riflettere, ripensare, riordinare.

Un uomo costretto al silenzio che, paradossalmente, imparò a parlare di nuovo.

La storia è piena di questi ritorni inattesi.
E ognuno di essi sembra ricordarci che il tempo non è solo ciò che scorre, ma ciò che ci prepara.


2. Le ragioni del mio silenzio

Non ho nessun Elba personale da raccontare.
Le mie ragioni sono molto più semplici: un intreccio di doveri, lavoro, progetti da costruire, affetti da proteggere, inquietudini da governare. E un limite umano che tutti conoscono ma pochi confessano: il tempo non basta mai, soprattutto quando si desidera fare le cose bene.

Nel frattempo, però, io continuavo a leggere, studiare, lavorare su nuovi progetti, costruire i miei video, immaginare percorsi possibili. Niente di quello che sono è rimasto fermo. Solo questo spazio sì. E non perché fosse meno importante, ma perché scrivere — quello scrivere serio, meditato, lento, a cui non voglio rinunciare — richiede un tipo di presenza che in certi periodi diventa difficile.

E allora ho fatto quello che fanno gli uomini prudenti: ho atteso.
Non ho chiuso la porta, non ho dichiarato finito il progetto, non l’ho tradito.
L’ho semplicemente lasciato respirare.

Oggi so che quella pausa era necessaria.
Non era un errore: era una gestazione.


3. Il bisogno di parola

Ogni essere umano coltiva un suo modo di tenersi in equilibrio.
Per alcuni è la musica, per altri l’arte, per altri ancora il silenzio.
Per me è la parola.

Non la parola veloce dei social, quella che si scrive mentre si guarda un orologio invisibile. Non la parola strategica, non quella seduttiva, non quella polemica.
La parola che cerco è l’altra: quella lenta, meditata, che scava e costruisce, che illumina un dettaglio, che mette a fuoco un pensiero prima che il pensiero sfugga.

Quando non scrivo, una parte di me resta incompleta.
E chi ama la storia lo sa bene: le civiltà non muoiono mai del tutto finché continuano a parlare. Finché continuano a narrare, spiegare, interpretare. Gli uomini non sono diversi.

Scrivere è il mio modo per restare vivo.
Per rimettere ordine tra ciò che ho letto e ciò che ho vissuto, tra ciò che sto diventando e ciò che ancora non sono.

Questo blog, dunque, non era solo un progetto: era un pezzo della mia identità.
E nessuna identità dovrebbe restare spenta troppo a lungo.


4. Storia e inquietudine: due vie parallele

In molti mi chiedono come possa convivere la mia passione per la storia con la mia inclinazione alle domande esistenziali. In realtà non c’è contraddizione.
La storia è inquietudine. È il tentativo continuo dell’uomo di mettere ordine nel caos.
È la ricerca di senso attraverso la memoria.

Ogni volta che leggo di un sovrano, di un generale, di un politico, di un filosofo, mi accorgo che la domanda fondamentale è sempre la stessa: che cosa stava cercando?
Potere? Sicurezza? Immortalità? Giustizia? Amore?
A ben guardare, cambiano gli strumenti, ma non gli interrogativi.

Forse è questo che rende la storia la mia più grande consolazione: leggere il passato significa riconoscere che le nostre inquietudini non sono nuove. Che tutto ciò che ci tormenta è stato già vissuto, affrontato, trasformato, superato.

È come se le figure del passato, con i loro trionfi e i loro fallimenti, ci dicessero:
Non sei solo nel tuo percorso. E non sei il primo a dover ricominciare.


5. La verità dei nuovi inizi

Ricominciare non è un atto eroico.
Non richiede applausi né annunci solenni.
È, piuttosto, un gesto di resilienza quotidiana.

La storia ci mostra che i nuovi inizi raramente accadono nei momenti più luminosi.
Accadono dopo le cadute.
Dopo le perdite.
Dopo le delusioni.
Dopo gli anni in cui si è seminato senza raccogliere.

Ciò che conta non è la forza: è la direzione.

Ricominciare significa guardare la realtà con occhi diversi, riconoscere ciò che ha peso, lasciar andare ciò che non serve più. È un atto silenzioso ma profondissimo. E non è mai un errore perché permette di riallineare se stessi con ciò che si è veramente.

Oggi sento che la mia voce — quella autentica — ha bisogno di tornare a casa.
E questo blog è una delle mie case.


6. Cosa aspettarsi da questo nuovo ciclo

Non prometto una cadenza precisa — la vita non funziona con gli orologi dei blog.
Prometto, però, qualcosa di più importante: autenticità.

Qui scriverò di ciò che mi appassiona e di ciò che mi inquieta.
Parlerò di Napoleone, dei Marescialli, dei re inglesi, delle battaglie che hanno cambiato il mondo.
Parlerò dei libri che mi accompagnano.
Parlerò di ciò che sto costruendo, dei progetti che prendono forma, delle trasformazioni che sto vivendo.
E parlerò anche delle domande che restano aperte, perché sono quelle che rendono un uomo vivo.

Questo sarà un luogo libero.
Un luogo colto ma non accademico.
Un luogo personale ma mai egocentrico.
Un luogo dove la storia incontra la vita, e dove la scrittura diventa un ponte.


7. Appunti di bordo dell’Aquila

Ritorno alla scrittura come si ritorna a un porto conosciuto: non per fuggire dal mare, ma per ripartire con rotte nuove.
Il viaggio ricomincia qui.



giovedì 28 marzo 2024

Cosa non fare dopo che ti è venuto un infarto

 Regole di vita per infartuati

Come sopravvivere all'infarto



**Guida alla Sopravvivenza dopo un Infarto: Consigli Vitali**


Affrontiamo l'argomento delicato dell'infarto con chiarezza precisando che non sono un medico, ma l'intento di questo post è di condividere la mia esperienza personale, le mie sensazioni, le mie paure. Una descrizione di come sto affrontando quello che viene dopo l'infarto: il lavoro, la ripresa della vita, la famiglia.

**L'Infarto: Superare l'Ansia**


L'infarto è sempre stato un incubo per me. Ogni sintomo sospetto scatenava un vortice di preoccupazioni. Internet diventava il mio alleato e il mio nemico: ore a leggere su sintomi e dolori, ma finivo per trascurare il vero ascolto del mio corpo. Le visite ospedaliere diventavano la mia routine e anche i controlli periodici: ecg, ecocardiogramma, ma nulla mi preparò a quella fatidica data: il 30 marzo 2019.
Un dolore allo stomaco, corsa all'ospedale. Maltrattato come spesso accade con la nostra sanità. Ore in sala d'attesa con codice verde. Alla fine si decidono a farmi gli enzimi e di lì una pletora di dottori al mio capezzale, anche preoccupati per la loro negligenza. Vengo stabilizzato e poi intervento di angioplastica.

**Il Ritorno a Casa: Gestire le Cure**


Dopo giorni in ospedale, il ritorno a casa fu un misto di sollievo e paura. La terapia era prescritta con precisione svizzera: una decina di pillole al giorno. Ma la confusione arrivava presto: quale pillola avevo già preso? La soluzione? Tenere un registro scrupoloso, anzi una bella App che suona ogni qual volta devo prendere una pillola e non la smette prima che io abbia dato conferma di averla presa.

**La Convalescenza: Riprendere la Vita**


La convalescenza portava con sé la sfida di non sentirsi "troppo" malati. Riprendere le attività con cautela diventava essenziale, non solo per il proprio benessere ma anche per il mantenimento dell'equilibrio familiare.


**La Famiglia: Supporto e Comprensione**


Il sostegno della famiglia era fondamentale, ma la normalità pre-infarto diventava presto una pressione. Mia moglie, inizialmente forte e coraggiosa, cominciava a sentirsi sopraffatta. La lezione qui è chiara: non fare il malato, per il bene tuo e dei tuoi cari. Curati con attenzione, adotta uno stile di vita sano, ma evita di farrti compiatire. Alla fine il supporto familiare potrebbe diventare sopportazione e fastidio.

**Il Lavoro: Affrontare le Sfide Professionali**


Al lavoro, l'accoglienza fu calorosa ma la percezione di debolezza era tangibile. Dovevo dimostrare forza senza trasformarmi in vittima. Il consiglio è di essere cauti nel riprendere il lavoro soprattutto se è prevista una fatica fisica, ma anche i lavori con molto stress dovrebbero essere affrontati con altro spirito.

**Il Morale: Affrontare le Emozioni**


Il morale era un'altalena di paura e incertezza. Lasciare che le emozioni mi sommergessero non era un'opzione: ho trovato conforto e sollievo rivolgendomi a uno psicologo. E' un percorso lungo quello di liberarsi dalla paura. Scacciare i ricordi della terapia intensiva è stata dura. Ora a volte riaffiorano e un brivido mi percorre la schiena.

**Il Risultato: Una Lezione di Vita**


La mia storia ha avuto un epilogo doloroso: la malattia ha inflitto una ferita profonda anche alla mia famiglia. Ma ho imparato che la vita può cambiare in un attimo, e l'infarto è stato solo il punto di svolta. Apprezzo ora la normalità, i momenti tranquilli, e mi aggrappo alla speranza di un futuro migliore.

Conclusioni


In conclusione, la vita è preziosa e imprevedibile. Affrontiamola con gratitudine e consapevolezza, apprezzando ogni momento, anche i più banali sapendo che in un attimo tutto può cambiare.

mercoledì 14 settembre 2022

Vita da divorziato - La solitudine

Dopo che hai realizzato che la crisi relazionale è insanabile, resti solo.

Tristezza


Io sono rimasto a casa con i miei figli e seppure non abbia dovuto cambiare abitudini il dolore che ho dovuto provare è stato intenso e la sensazione di vuoto devastante.

I primi giorni passano senza grossi scossoni, la novità dell'abbandono è recente e sono gli altri i sentimenti che pervadono il tuo cuore.

lunedì 12 settembre 2022

Vita da divorziato - La crisi della relazione e la coppia scoppia

Un racconto di come si vive, si piange, si continua a vivere dopo un divorzio.